IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza di remissione degli atti alla Corte costituzionale nel procedimento n. 17/2003 RSA, riguardante la minore D. P. nata il 18 ottobre 1991 in Lanciano. Fatto e diritto Con decreto datato 18 aprile 2003 n. 734 cron., il Tribunale per i minorenni di L'Aquila apriva una procedura di adottabilita' a tutela dei minori D. P., nata il 18 ottobre 1991 a Lanciano, D. V., nata il 6 dicembre 1996 a Vasto, D. I. e D. M., nati il 9 maggio 2000 a Vasto, di L. e di P. S., residenti in C., C. da C. Prima, con decreto 11 ottobre 2001 n. 1741 cron., questo tribunale aveva disposto il ricovero dei minori D. P., V., I. e M., presso la comunita' «Alidoro» di San Salvo, per l'attivita' violenta del padre e l'incapacita' della madre, determinata anche dal suo alcolismo, elementi che avevano portato a continue liti e maltrattamenti in famiglia. La situazione era notevolmente peggiorata, perche' la madre aveva interrotto unilateralmente il ricovero presso una comunita' terapeutica di recupero ed anche i contatti con gli operatori sociali. Il padre aveva continuato a non collaborare con i servizi e a provocare liti in famiglia, di intensita' e virulenza tali da richiedere il continuo intervento dei Carabinieri. Per tali ragioni era stato ritenuto necessario aprire una procedura di adattabilita', in conformita' alla richiesta del pubblico ministero datata 12 aprile 2003, a tutela dei minori, poiche' i genitori avevano dimostrato assoluta, inadeguatezza, da configurare un sostanziale abbandono, anche perche' le difficolta' dimostrate non erano limitabili nel tempo ma avevano assunto un carattere stabile, per la loro reiterazione e nonostante tempo ma avevano assunto un carattere stabile, per la loro reiterazione e nonostante la vigenza di uno stretto controllo. I nonni materni erano stati citati solo una volta e non sembrava, allo stato, che entrambi avessero fornito un contributo rilevante, specie con riferimento ad un'attenuazione delle liti. Con decreto del 23 maggio 2003 il Presidente del tribunale convoca di fronte al giudice delegato i genitori, i responsabili della comunita', l'assistente sociale, il maresciallo dei Carabinieri e il pubblico ministero per il giorno 10 giugno 2003 ore nove, ai sensi dell'art. 12 della legge 4 maggio 1983, n. 184. All'udienza del 10 giugno si presentavano tutte le persone citate, che il giudice delegato sentiva nel piu' stretto contraddittorio, essendo i genitori assistiti da un difensore di fiducia ed essendo presente il pubblico ministero, dott. Elpidio Simeoni. Prima dell'inizio dell'istruttoria, il pubblico ministero aveva formulato eccezione di costituzionalita' per la mancata entrata in vigore delle parti processuali della legge 28 marzo 2002, n. 149, specie nelle parti in cui prevedevano la procedura di pieno contraddittorio fra le parti e la pronuncia con sentenza nella fase di stato di adattabilita', a causa del decreto-legge 24 aprile 2001, n. 150, convertito nella legge 23 giugno 2001, n. 240, (che aveva prorogato l'entrata delle disposizioni processuali al 30 giugno 2002) e del decreto legge 1° luglio 2002, n. 126, convertito nella legge 2 agosto 2002, n. 175 che aveva prorogato l'entrata in vigore di quelle norme al 30 giugno 2003. Con quelle norme era stata prorogata, per due anni la vecchia disciplina e il continuo rinvio era incompatibile in re ipsa con la «necessita' e l'urgenza» previste dall'art. 77 della Costituzione e le leggi di conversione non potevano ritenersi sananti. Sulla questione sollevata la difesa nulla aveva osservato. Il pubblico ministero aveva precisato, ancora, che la rilevanza della questione risiedeva nella possibilita' delle parti di accedere direttamente al nuovo rito, di maggiore garanzia e speditezza, con accesso diretto ed immediato al contraddittorio e non solo in maniera indiretta, come stava si avvenendo, ma solo nell'ambito della discrezionalita' del giudice delegato, che aveva deciso di conformare l'udienza il piu' possibile al nuovo rito, di imminente entrata in vigore (dopo venti giorni). Il giudice delegato si era riservato sull'eccezione sollevata all'esito dell'istruttoria, per accordo delle parti. Al termine dell'istruttoria, per la necessita' di sentire il minore D. P. (prossimo ai dodici anni) e la nonna, il giudice delegato rinviava all'udienza del 23 luglio 2003, restando ferma, sempre per accordo delle parti, la riserva sull'eccezione sollevata. Il 29 luglio 2003 il giudice istruttore sentiva il minore e la nonna, ma non si presentava il pubblico Ministero. Questi compariva solo per pochi minuti nel corso dell'udienza, esclusivamente per manifestare la sua volonta' di non presenziare, perche', nel frattempo, l'art. 15 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147 aveva ancora prorogato l'entrata in vigore delle nuove e piu' favorevoli disposizioni, questa volta al 30 giugno 2004. Per il pubblico ministero non c'erano, ormai, piu' motivi per conformarsi il piu' possibile al nuovo rito. Riservandosi qualsiasi valutazione nel merito, egli confermava le sue argomentazioni circa l'incostituzionalita', che erano, fra l'altro, state rafforzate proprio da quel decreto-legge, e si allontanava dall'aula. In seguito, il giudice delegato portava in camera di consiglio e il 6 agosto 2003, a scioglimento della riserva presa, il Collegio sollevava l'eccezione di costituzionalita'. Per il Collegio ricorrono notevoli aspetti di incostituzionalita'. Le argomentazioni del pubblico ministero circa la rilevanza della questione possono essere integralmente richiamate, al pari delle argomentazioni sul merito della stessa. Esse sono state rafforzate da elementi sopravvenuti fra l'udienza del 29 luglio 2003 e la camera di consiglio del 6 agosto, in particolare dall'entrata in vigore della legge 1° agosto 2003, n. 200 che ha convertito definitivamente in legge l'intero decreto-legge n. 147 del 2003. A quegli argomenti il Collegio intende aggiungere la necessita' e l'interesse (in senso generale e personale) per il minore di avere a suo favore un rito piu' rapido, che concentra e riunisce in se' la fase preliminare e quella di merito. Le argomentazioni sintetiche e generiche del pubblico ministero meritano, pero', un approfondimento. Il consiglio dei ministri, il 24 aprile 2001, ha emanato il decreto-legge 24 aprile 2001, n. 150 che ha disposto il rinvio dell'entrata in vigore di alcune parti della legge 28 marzo 2001, n. 149, in particolare quelle riguardanti la difesa di ufficio. Il decreto-legge 24 aprile 2001, n. 150, si compone di un due articoli e l'art. 1 al primo comma dispone che «In via transitoria e fino all'emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilita' disciplinata dal titolo II, capo II della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modifiche, ai predetti procedimenti continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto». Il secondo comma dispone che «In via transitoria e fino all'emanazione di nuove disposizioni che regolano i procedimenti di cui all'art. 336 del codice civile, ai medesimi procedimenti continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto». Secondo la relazione d'accompagnamento, il provvedimento ha inteso introdurre disposizioni dirette a disciplinare in via transitoria i procedimenti per lo stato di adottabilita' e i procedimenti civili innanzi al tribunale per i minorenni di cui all'art. 336 del codice civile, nell'attesa di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili minorili e di una riforma del procedimento di cui all'art. 336 stesso. Il Governo e' ricorso alla decretazione d'urgenza per disciplinare la fase transitoria delle nuove disposizioni introdotte con la legge n. 149 del 2001, in particolare delle norme che disciplinano la difesa d'ufficio nei procedimenti di adottabilita' ed anche di quelli riguardanti la potesta'. E' paradossale che il Governo abbia smentito se stesso a distanza di soli quattro giorni, uno se si considera la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La Presidenza del Consiglio dei ministri ha, infatti, emanato una circolare, in accordo con i presidenti della Camera e del Senato (Presidenza del Consiglio dei ministri Circolare 20 aprile 2001 n. 10888 «Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi», in Gazzetta Ufficiale del 27 aprile 2001 - serie generale - n. 97)). La circolare e' stata emanata all'esito del lavoro di un comitato tecnico costituito nel 2000, per iniziativa del Ministro dei rapporti con il Parlamento, e d'intesa con i funzionari delle Camere e della Presidenza del Consiglio. Con essa si suggeriscono criteri per la redazione dei testi legislativi. In quella circolare al Paragrafo «Vigenza dell'atto ed efficacia delle disposizioni» si stabilisce che il termine iniziale per le ipotesi di diversa decorrenza di singole disposizioni e' individuato in date certe (la pubblicazione e, preferibilmente, l'entrata in vigore) e non in date piu' difficilmente note alla generalita' (l'approvazione, la promulgazione o l'emanazione). Si noti che nel decreto-legge si usa, invece, proprio il termine emanazione. La circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri, circolare 20 aprile 2001 n. 10888 «Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi», e' stata aggiornata con la circolare 2 maggio 2001 n. 1/1.1.26/10888/9.92. In quell'atto si afferma che i decreti-legge devono contenere misure d'immediata applicazione e che la subordinazione dell'efficacia o dell'attuazione delle disposizioni in esso contenute a norme future e' la dimostrazione dell'insussistenza della straordinaria, necessita' ed urgenza. La circolare n. 10888 non puo' certamente costituire, per la sua natura di atto amministrativo ed interno, un vincolo alla futura attivita' del Governo, specie quando «questo opera nella sua veste di organo costituzionale che emette provvedimenti equiparati alla legge formale, ma puo' essere uno strumento di interpretazione delle leggi. Alla luce anche di quanto appena esposto, il decreto-legge n. 150 del 2001 presenta aspetti d'incostituzionalita', circa la ricorrenza dei requisiti della «necessita' ed urgenza», previsti dall'art. 77 della Costituzione. Il decreto-legge n. 150 del 2001 e' stato convertito, con modificazioni, nella legge 23 giugno 2001, n. 240, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 25 giugno 2001 n. 145 - serie generale. La legge ha introdotto piccole, ma importanti modificazioni e ora il testo del decreto-legge coordinato con la legge di conversione e' il seguente, al primo comma: «In via transitoria, fino all'emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilita' disciplinata dal titolo II, capo II della legge 4 maggio 1983 n. 184, e successive modifiche, e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto». Il comma secondo e' ora il seguente: «In via transitoria e fino all'emanazione di nuove disposizioni che regolano i procedimenti di cui all'art. 336 del codice civile, e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai medesimi procedimenti continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto». Le modificazioni in sede di conversione sono in neretto. In sede di approvazione si e' sostenuto che la legge di conversione contiene disposizioni transitorie dirette a disciplinare in via temporanea i procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilita', disciplinati dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, e i procedimenti di cui all'art. 336 del codice civile, nell'attesa di una completa disciplina sulla difesa di ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili minorili, oltre che di un mutamento del procedimento previsto dall'art. 336 del codice civile. La disciplina transitoria trovera' applicazione fino all'emanazione di una compiuta disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilita', in particolare per quanto attiene alla nomina del difensore di ufficio, e fino alla revisione del procedimento per la pronuncia dei provvedimenti previsti dall'art. 336 del codice civile. L'art. 2 stabilisce la data di entrata in vigore del provvedimento. Con la legge di conversione il Parlamento ha disposto una serie di misure urgenti per esaminare non tanto gli aspetti oscuri della legge 149, quanto della legge 6 marzo 2001, n. 60, sulla difesa di ufficio. Prima, infatti, non era stato trattato il rapporto fra le due discipline, divenuto molto stretto, in seguito alla previsione di una difesa obbligatoria nel procedimento per la dichiarazione dell'adottabilita'. In sede di conversione, il Parlamento ha stabilito che il legislatore dovra' impegnarsi per dettare una disciplina specifica, ma fissando questa volta un termine preciso, ossia il 30 giugno 2002. La conversione in legge del decreto-legge n. 150 del 2001. non fa, in ogni caso, svanire i dubbi di costituzionalita' sui requisiti della necessita' e dell'urgenza e a nulla rileva la successiva conversione in legge, con presunta sanatoria, a causa della sovranita' del Parlamento. Ormai non e' piu' seguita la tesi per la quale esula dai poteri della Corte costituzionale accertare la presenza in concreto dei presupposti di necessita' e urgenza previsti dall'art. 77 della Costituzione per l'emanazione dei decreti-legge. Secondo quella teoria, ormai superata, il controllo rientra nella valutazione politica del Parlamento. Questa posizione, condivisa in passato dalla stessa Corte, ignora che, a norma dell'appena citato art. 77, la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessita' e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validita' costituzionale dell'emanazione di quell'atto, sicche' l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura tanto un vizio di legittimita' costituzionale del decreto-legge, in ipotesi emanato fuori dell'ambito delle possibilita' applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione, avendo quest'ultima, nel caso di specie, valutato erroneamente l'esistenza di presupposti di validita' in realta' insussistenti e, quindi, convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione. Pertanto, non esiste alcuna preclusione affinche' la Corte costituzionale proceda all'esame del decreto-legge o della legge di conversione sotto il profilo del rispetto dei requisiti di validita' costituzionale relativi alla preesistenza dei presupposti di necessita' e urgenza, poiche' il conseguente esame delle Camere in sede di conversione comporta una valutazione del tutto diversa e, per la precisione, di tipo politico, sia con riguardo al contenuto della decisione sia con riferimento agli effetti della stessa (C. cost. sent. 12 gennaio 1995, n. 29). E' un controsenso, infatti, sostenere, prima, che sussistono quei requisiti e, poi, rinviare ad una legge futura ed incerta, in modo indefinito, come e' avvenuto con il decreto-legge in esame. La legge di conversione interviene su una materia gia' formata, tanto che, le modificazioni apportate in sede di conversione hanno efficacia soltanto dal momento della sua pubblicazione. All'opposto, quelle convertite senza modificazioni hanno efficacia sin da quando sono state emanate dal Governo, senza che si crei una soluzione di continuita', nel corso del tempo. L'evidente mancanza, presente gia' allora, non puo' sanarsi in maniera retroattiva, sul principio che la legge ordinaria e' sovrana, perche' e' possibile sanare qualcosa che nasce imperfetto, non cio' che non e' mai nato o e' nato morto. Parimenti, nessun valore assume l'apposizione del termine stabilito dalla legge 23 giugno 2001, n. 240, sia perche' esso e' stato aggiunto solo in sede di conversione, sia perche', nonostante l'apparenza, esso e' generico e soprattutto assai protratto nel tempo (circa un anno) e cio' e' chiaramente incompatibile con l'urgenza richiesta ai sensi dell'art. 77 della Costituzione. Si potrebbe argomentare, a sostegno della costituzionalita', che il rinvio contenuto nel decreto-legge non riguarda direttamente l'entrata in vigore o l'efficacia dello stesso decreto-legge, ma un'altra disposizione e quindi il differimento e' indiretto. Questo argomento non avrebbe, pero', alcun pregio perche' l'intervento compiuto rivela gia' di per se' la mancanza di necessita' ed urgenza e il legislatore e' pervenuto, sia pur in maniera mediata, al conseguimento di un risultato proibito. Non si comprende, infatti, l'inevitabilita' di quell'intervento, anche perche' la stessa legge avrebbe potuto provvedere con norme transitorie. Questa omissione non puo' avere giustificato un intervento impellente ed improrogabile, tale da evitare un pregiudizio irreparabile. Cio' dimostra, di per se', la mancanza di eccezionalita', ossia l'impossibilita' di procedere con i mezzi ordinari. La dichiarazione d'incostituzionalita' di quel decreto e della successiva legge di conversione non creera' alcun vuoto legislativo, perche' fara' rivivere, in modo automatico, le disposizioni differite. La vera questione consistera' nell'individuare gli strumenti per rendere effettivi quei principi proclamati, fra i quali quello della difesa nel procedimento di adottabilita'. In tal caso, si potra' procedere per analogia, nell'attesa di una legge specifica, l'attuale normativa per la difesa dei non abbienti. In effetti, quest'ultima riguarda tutt'altra materia, come quella penale, ma l'estensione analogica si potrebbe giustificare sul fondamento della medesima necessita', ossia quella della difesa, principio che non puo' rimanere senza un adeguata copertura, ai sensi dell'art. 24 della Costituzione. Le considerazioni svolte per il decreto-legge n. 150 del 2001 convertito nella legge 240 possono essere riferite anche al successivo decreto-legge n. 126 del 2002, convertito nella legge 2 agosto 2001, n. 175 e, ancor di piu' all'art. 15 del decreto-legge n. 147 del 2003 convertito nella legge 1° agosto 2003, n. 200. Tali disposizioni sono incostituzionali sia se considerate singolarmente (per l'evidente mancanza di necessita' e urgenza) sia per illegittimita' costituzionale derivata. Le disposizioni del 2002 e del 2003 si collegano e si connettono con quella del 2001 della quale costituiscono la prosecuzione, senza alcuna soluzione di continuita' logica, giuridica e temporale. I decreti-legge del 2001 e del 2002, perlomeno, erano dedicati specificamente alla materia in questione, mentre l'art. 15, per suo conto, e' stato inserito in un decreto-legge (c.d. omnibus), riguardante le materie piu' eterogenee (proroga degli sfratti, incremento delle razze equine, edilizia, ecc) e cio' e' un'altra dimostrazione della mancanza dei requisiti di necessita' ed urgenza, soprattutto se si esamina il tenore di quell'articolo, giacche' non si comprende quale pericolo irreparabile ed incombente ed inevitabile potesse giustificare un intervento eccezionale come quello disposto.